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RIVISITAZIONE IN CHIAVE PSICOLOGIA DELL'OMELIA DI PAPA FRANCESCO NELLA MESSA DI PENTECOSTE

Sono giornate difficili queste e lo sono per tutti, c’è nell’animo umano il desiderio di cercare certezze, modalità di ristoro e di protezione, la "base sicura". Una delle modalità attraverso le quali si riesce a trovare sollievo alla sofferenza che stiamo vivendo è ascoltare le parole del nostro Papa

narcisismo, pessimismo e vittimismo: carestia di speranza che, nell' omelia della domenica di Pentecoste, si è concentrato su quali possano essere gli ostacoli dell’”anima” ad una funzionale ripresa.
Come prima cosa, il Papa, in una veste più umanizzata del solito, ha sottolineato come il vero fallimento sarebbe rappresentato dall’uscire da questa pandemia senza aver imparato nulla.
A livello psicologico, io direi che bisogna chiedersi davvero, guardandosi allo specchio, cosa sentiamo sia cambiato dentro di noi: "Quanto tempo potrò continuare a fingere di stare con mia moglie quando poi ho un’amante?"… "Quanto a lungo posso circondarmi di persone che non soddisfano la mia idea di amicizia e di legame?"... "Perché non tentare l’ultima spiaggia e provare a parlare a quella persona a cui ancora penso, nonostante siano trascorsi molti anni?"… "Perché non parlare con i miei e dir loro che sono lesbica?"... "Perché non la smetto di mangiare e non mi metto a dieta?"...
È giunto il momento di coltivare il nostro giardino interiore, perché se anche all’esterno esponiamo le piante più belle e maestose, questo è il momento in cui le maschere cominciano a vacillare, ma poi noi, nella parte più profonda e oscura di noi stessi, sappiamo se c’è qualcosa da affrontare, da riparare. È questo il momento giusto per riconnettersi in maniera più autentica al nostro vero Io, per poi poter raggiungere un incontro più autentico con l’altro.
Se necessario scriviamo, appuntiamo su un quaderno i nostri stati d’animo, proviamo a scrivere delle lettere, indirizzandole a chi avremmo sempre voluto scriverle e che mai abbiamo trovato il coraggio di fare. Riprendo le parole di Papa Francesco che rivolgendosi a Dio dice: "Dacci il coraggio di uscire da noi stessi". Ebbene sì, la solitudine che abbiamo sperimentato in questi mesi, prima costretti, ora può essersi tramutata nel nostro baluardo per sfuggire alle difficoltà della relazione con l’altro.
Papa Francesco continua elencando i tre prototipi umani che si fanno nemici di quest’auspicio di valorizzazione della prospettiva umana collaborativa e solidale oltre che introspettiva.
Il prototipo narcisista, colui che pensa: "La vita è bella solo se posso trarne un vantaggio per me stesso. L’altro non esiste se non nella misura in cui può essere un oggetto per affermare me stesso, il mio valore, il mio desiderio".
Il prototipo pessimista, colui che vive nel suo buio interiore e pensa: "Nulla sarà mai come prima, dunque, non ha più senso combattere, vivere".
Prevale, dunque, un atteggiamento di impotenza generalizzata che castra ogni spinta vitale.
Il prototipo vittimista, colui che pensa: "Nessuno può capirmi, nessuno ha mai sofferto come me, nessuno vuole aiutarmi".
Non posso fare a meno di chiedermi, ma la nostra componente vittimistica, si domanda come sta l’altro? Potrebbe essere che anche l’altro abbia bisogno di me, come io ho bisogno di lui?
Questi prototipi non sono sempre negli altri, come spesso ci piace credere, solo perché è più facile farlo, ma sono dentro di noi: scoviamoli, guardiamoli in faccia, affrontiamoli.
È il primo passo per ottenere un miglioramento della qualità della nostra vita. Proviamo a ragionare in un’ottica circolare e non lineare: la vera cura è nella relazione e la constatazione che tra noi e l’altro esiste un reciproco influenzamento, noi rispondiamo alle azioni degli altri, ma allo stesso modo anche le nostre azioni producono degli effetti sugli altri. Il nostro pessimismo, il nostro vittimismo, il nostro narcisismo... non fa male solo a noi, ma danneggia e contagia le persone che ci sono intorno.
Ripristiniamo la qualità della comunicazione tra il nostro mondo esterno e quello interno, tra la maschera che indossiamo e la persona che sentiamo scorrere dentro di noi.
Non sarà facile, ma siamo davvero soddisfatti nel nostro narcisismo, nel nostro vittimismo, nel nostro pessimismo?
C’è un mondo che ci aspetta al di là di questi ostacoli che sono come un muro che ha indurito il nostro animo.