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ASPETTI PSICOLOGICI DEL ROOMING IN IN PERPETUO

Ritorno dopo diversi mesi di silenzio e lo faccio parlando di un argomento che mi sta molto a cuore: il rooming in.
Cos’è il rooming in? In cosa consiste questa pratica?
Raccomandato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è definito come «la permanenza del neonato e della madre nella stessa stanza in un tempo più lungo possibile durante le 24 ore, salvo quello dedicato alle cure assistenziali».
Praticato ormai in molti ospedali, il “rooming in”, consente di cogliere la possibilità di tenere vicino il proprio neonato fin dai primi momenti di vita, agendo in maniera potenziante sul legame madre-bambino e sull’allattamento. Almeno queste sono le indicazioni…

rooming-inBene, abbiamo fornito la definizione:
Ma quali sono i risvolti emotivi di questa pratica?
Abbiamo tenuto conto di come si sente la madre, dopo un parto naturale oppure cesareo? …

L’aggettivo che mi salta alla mente per descrivere come mi sono sentita io, subito dopo il mio parto, è: stanca e irrimediabilmente sola.
La verità di questa pratica è che ti senti abbandonata con l’aggravante dei dolori del parto. In particolar modo, dopo un cesareo, i dolori sono lancinanti, non riesci ad alzarti dal letto e hai lì, di fianco a te, quella vita che non aspetta altro che la tua presenza, una presenza di cui tu non sei pronta a sostenere il peso, semplicemente perché hai subito un’operazione e non hai nemmeno la forza di alzarti dal letto.
Ma la creatura che hai aspettato per nove mesi è lì, piange, necessita di essere cambiata, allattata e quando lo fai, senti un dolore atroce, perché ti tocca la ferita dove senti dolore…
Quindi cosa succede?
Alle emozioni tipiche del baby blues, che, lo ricordiamo, consiste in una certa instabilità emotiva transitoria, che colpisce la donna immediatamente dopo il parto (tendenzialmente nei 3/4 giorni successivi) e dura da pochi giorni fino ad un massimo di 1 o 2 settimane, si aggiunge il senso di colpa, perché la tua creatura ti cerca e tu non hai la forza per contenerla, per sostenerla, per viverti quei momenti. In più, se ci aggiungiamo che sei una primipara, quindi non sai nemmeno come posizionare il pannolino quando cambi il tuo piccolo, come fargli indossare una tutina… senza fargli male, in più hai partorito durante il covid e quindi nessun parente come tua mamma può darti una mano…ebbene quando chiedi aiuto, ti verrà detto che questa pratica, quando applicata in modo perpetuo, prevede che il neonato lo devi tenere con te anche di notte….
In quei momenti non ho potuto fare a meno di riflettere sul diritto di mio figlio di avere accanto a sé una madre prima di tutto riposata, piuttosto che una madre pronta ad offrirgli il suo seno per garantirgli un allattamento naturale.
E poi con quale rischio? Quello di fargli del male… e poi per cosa? Semplicemente per l’eccessiva stanchezza.
Dunque care neo-mamme, il mio intento è rassicurarvi: non sarete meno brave se dormirete due ore in più.
Vostro figlio vi amerà egualmente anche se chiederete aiuto alle ostetriche, perché semplicemente siete stanche e avete bisogno di riposare.
Non avrete compromesso il legame col vostro piccolo se gli darete il latte artificiale, in particolare di notte, per farlo riposare e per riposare anche voi.
Ascoltate il vostro corpo... e se vi dice che non ne può più, non esitate: chiedete aiuto e supporto!
In definitiva la mia visione sul rooming in, è che questa pratica possa essere vantaggiosa, laddove non diventi un obbligo per la neo mamma, laddove non si senta abbandonata a sé stessa, oppure valutata meno brava se semplicemente è stanca e non riesce ad occuparsi del suo piccolo.